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PAOLO SODI | ARETINO DI AREZZO | REGISTA E DIRETTORE DELLA FOTOGRAFIA


"Quello che vorrei che il pubblico percepisse è un prodotto in cui linguaggio tecnico e artistico si fondono, scorrono insieme e amalgamandosi creano sensazioni riconoscibili nel mio ruolo di modellatore e trasportatore di sensazioni


Impazzisco per le immagini. Mi si stampano in mente molto più delle parole, perché lasciano il modo e il tempo di coglierne il significato anche a più riprese, metabolizzarne i significati volutamente dichiarati e quelli invece in controluce, che si nascondono al primo fugace sguardo. Con questo approccio ho conosciuto il lavoro di Paolo Sodi (nato ad Arezzo nel 1988, vive e lavora a Roma), con l'occhio affascinato dalla ricerca estetica e lo stupore dell'istante bloccato, l'attimo fondamentale da cui si scatena tutta la composizione visiva. E' evidente nel lavoro di Paolo la profonda ammirazione e il rispetto per la natura che ci circonda, il curioso interesse di scoprire e rivelare un segreto prezioso fatto dell'espressione semplice della vita di un animale, della vegetazione, dell'equilibrio perfetto degli elementi naturali, degli usi e costumi di civiltà primitive, degli orizzonti da rincorrere lontano con lo sguardo.

Sono al terzo caffè della mattinata quando ci incontriamo in un bar del centro ad Arezzo per parlare di lui, e sta per arrivare un forte temporale. Chiedo un macchiato in tazza grande, tanto per smorzare la caffeina e il cielo troppo grigio per un sabato mattina. Non ci conosciamo personalmente io e Paolo, ma ci siamo scambiati messaggi ed email a sufficienza per capire cosa interessa ad entrambi: a lui raccontare la sua passione, a me raccontare la sua storia fatta di sogni ed immagini, progetti realizzati e idee folli per il futuro. E resto subito sorpresa dalla semplicità con cui parla del suo lavoro, che è insieme passione e vita stessa. Perché fa parte di lui, le sue stesse immagini parlano di lui, hanno il suo modo di esprimersi cristallino ed efficace, diretto, ma stupefacente. A questo punto, abbinando i video che mi passano davanti sullo schermo del suo laptop e il suo racconto, è evidente che nulla può fermare un desiderio grande, perché trova sempre e comunque una strada per realizzarsi. Come è stato ed è per Paolo, che guarda sempre avanti, propositivo, verso nuovi e inesplorati orizzonti.

Rimetto insieme testi, parole e immagini accanto ad un profumato e intenso Shuang Long Xizhu Tea al gelsomino, mentre il mio Spotify propone I Promise dei Radiohead, che mi piace da morire.

Documentario "The Guardians of Camargue", Paolo Sodi

FMB: La tua “storia” inizia quando da ragazzino, durante un temporale, hai sentito il desiderio di catturare l’immagine e le sensazioni suggerite dalle gocce di pioggia che cadevano a terra e sulle pozze d’acqua, e zampillando creavano effetti di luce e movimento. A 14 anni non avevi la più pallida idea di cosa significasse filmare e guardare la realtà attraverso la videocamera. Solo a 16 anni ha iniziato a prendere forma questa urgenza di trasmettere quello che vedi, è arrivata la prima videocamera Sony e hai iniziato letteralmente a costruire la tua attrezzatura, come i carrelli per riprodurre il movimento… Quando parli della tua formazione ti dichiari autodidatta, nonostante tu abbia fatto studi artistici, perché per vari motivi non hai frequentato una scuola ufficiale di cinematografia. Dici di aver imparato con l’esperienza: cosa intendi?

PS. Ho imparato sbagliando, facendo tanta tanta pratica, anzi sono cresciuto solo con la pratica. Diciamo che ho imparato la teoria dalla pratica. Ero talmente appassionato che trovavo qualunque pretesto per sperimentare con le poche attrezzature che avevo a disposizione.

FMB. Nonostante i dubbi iniziali, la tua famiglia ha comunque creduto in te e tu sei sempre stato ottimista nell’inseguire la tua passione, convinto che le occasioni si creino così come le situazioni, perché nulla arriva senza darsi da fare. Così si sono pian piano presentate le collaborazioni...

PS. Per ARUBA S.p.A. ho prodotto uno spot andato in onda su CNN Asia e America, TIM ha scelto un frame video che ho realizzato in Papua Nuova Guinea,per rappresentare la sezione documentari a livello intrattenimento. E ancora per BECK'S, un vincente spot trasmesso su Sky per tutta la durata dei mondiali 2014, che rappresentava la voglia di fare goal nella vita di tutti i giorni.

FMB. Vuoi dare un’impronta a ciò che catturi con la videocamera, infatti nel tuo lavoro si colgono colore e luce, ma anche personalità. Ritieni che sia indispensabile non essere criptici, affinché il prodotto finale non sia fine alla tua ricerca, ma risulti fruibile al pubblico. Per questo ti senti più artista che tecnico?

PS. Si esatto, quello che vorrei che il pubblico percepisse è un prodotto in cui linguaggio tecnico e artistico si fondono, scorrono insieme e amalgamandosi creano sensazioni riconoscibili nel mio ruolo di “modellatore e trasportatore di sensazioni”: per questo si, mi sento più artista che tecnico.

"Sono un ipercritico! Quello che immagino dentro la mia testa vorrei poterlo ritrovare dinanzi a me"

FMB. Ogni progetto che sviluppi è un’esperienza, che spesso include il viaggio e la scoperta di paesi e diverse culture, come Sierra Leone, Zambia, Papua Nuova Guinea… Partire da Arezzo è stato un limite? La collaborazione con la onlus “Gli Occhi della Speranza” di Castiglion Fiorentino è stata un trampolino verso la tua ricerca?

PS. No, partire da Arezzo non è stato un limite. Collaborare con "Gli Occhi della Speranza" è stata un’esperienza straordinaria che - appunto - mi ha aperto gli occhi! Anzi, da un punto di vista umano e documentaristico è stato come rinascere.

FMB. Sei un ipercritico e ricerchi nel tuo lavoro la perfezione. Quali fasi segui durante la produzione?

PS. Esatto, sono un ipercritico! Quello che immagino dentro la mia testa vorrei poterlo ritrovare dinanzi a me. Le fasi che seguo durante la produzione dipendono molto dal tipo di lavoro che vado a fare. Con la natura è tutto più semplice perché ti trovi quasi tutto pronto, se sai vedere e avere pazienza...

FMB. La nostra società è abituata a vedere di tutto, per questo tu ritieni indispensabile cercare ciò che sorprende. Cosa sorprende oggi?

PS. Credo che ci sorprenda riscoprire la semplicità, quella che ritroviamo in ogni cosa nella natura! Una sfida che vorrei vincere è quella di poter sorprendere, incuriosire e ipnotizzare le persone, con prodotti di estrema semplicità. Vorrei farti un esempio riguardo ad un mio prossimo progetto, ma se te lo scrivo qua mi prendono tutti per pazzo! [sorride]

FMB. Investire nei progetti, nelle persone e nei rapporti umani. Condividere, creare connessioni e sinergie. Sperimentare. Come metti in pratica questi tuoi presupposti?

PS. Sono una persona estremamente intraprendente e ottimista, tutto il resto arriva da sé, se alla base c’è passione e determinazione.

"La bellezza per me è tutto ciò che siamo e che ci circonda"

FMB. L’importanza della bellezza nel tuo lavoro.

PS. La bellezza per me è tutto ciò che siamo e che ci circonda. In ogni mio progetto, qualunque cosa io voglia mostrare deve apparire con una forza e una bellezza propria.

FMB. Quali sono le parole magiche della tua produzione? Qual è il fil rouge che lega i tuoi lavori, il messaggio fra e le righe?

PS. Non saprei definirlo a parole: il filo conduttore è sempre e comunque la mia forte passione e determinazione!

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