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ANDREA ROSSI | ARETINO DI AREZZO | CERCO SOGNI OVUNQUE VADO

"Mi appaga il senso di avventura e di scoperta,

l’imprevisto mi esalta"



Ogni volta che ascolto una storia, torno a casa con le immagini che vedo negli occhi di chi racconta. Ho incontrato Andrea Rossi (Arezzo,1987) in un atipico pomeriggio di fine agosto, dopo un temporale estivo di quelli che arrivano, stravolgono la giornata e l’atmosfera, poi se ne vanno lasciando l’aria mossa. Come lui, che in poco più di un’ora mi ha riferito una vita di situazioni, luoghi lontani, coincidenze e sogni di ragazzino che si avverano. Mi ha raccontato come passione e professione possano sovrapporsi. Abbiamo parlato di motori, alternatori, mappe e GPS, di taniche di benzina a metà strada nel deserto per raggiungere una tappa... Ma anche del gusto di fotografare i volti di chi s’incontra durante un viaggio, della necessità di ritrarre i luoghi che si visitano per riviverli al ritorno secondo l’interpretazione soggettiva di quel momento, del bisogno di esplorare luoghi sperduti e della ricerca di libertà.

Ho fatto ad Andrea tante domande, andando a random fra mille argomenti con assoluta e sincera curiosità, per capire che forma avesse questa sua professione dai contorni sfocati, iniziata con un’importante selezione e delineata a seguito di una gara fra Cile e Argentina. Ho cercato di comprendere se la sua attrazione per il viaggio e la sua passione per i motori, la meccanica e la ricerca dell’imprevisto fossero casuali o se invece esistesse un legame fra questi elementi. Ne traggo, oltre ogni prima impressione, che siano indispensabili razionalità e autocontrollo nella gestione delle passioni quando si vogliono ottenere dei risultati. Per non farsi travolgere e soprattutto non lasciarsi sopraffare. Perché talvolta caso e programmazione sono due facce della stessa medaglia.

Ricomporre questa storia è stata un’impresa complessa e lunga - molto più di quelle raccontate finora credo - perché mi sono servita di narrazioni, ma anche di appunti, immagini di viaggio e racconti spiccioli raccolti via via. Mi sono anche persa a volte, cercando di cogliere fra le righe gli aspetti meno immediati.

Distribuisco le immagini fra i testi, raccolgo le idee, respiro e gusto uno speziato chai tea, in cui i sapori contrastanti si bilanciano fra il fruttato piccante del cardamomo, il dolce della cannella e la freschezza dello zenzero. Grazie ad Andrea che mi ha lasciato scegliere e condividere le immagini che completano questa storia.



La tua passione per la moto e i motori ha inizio molto tempo fa. Fin da piccolissimo salivi in moto con tuo padre e ti addormentavi sopra al serbatoio, perché eri troppo piccolo per stare dietro. Poi le gare, la tendenza a smontare e rimontare, le mappature. Come si è costruita questa tua passione?

Se mi chiedessero cosa ricordo del 1991, risponderei praticamente nulla - avevo solo quattro anni - tranne quella fotografia indelebile nella mia mente. Ricordo il serbatoio rosso e nero in cui sedevo, i due sporgenti carburatori su cui appoggiavo i piedi e la linguetta del tappo della benzina a cui mi aggrappavo con le piccole mani di bambino, sulla moto di mio padre. Non so perché, fra tutte le scoperte che può fare un bambino nell’infanzia, rimangono incancellabili solo alcune immagini. So solo che alcune emozioni ci segnano e si legano a noi in maniera indissolubile. Ricordo la prima moto elettrica, regalo di Natale di mio zio, con la quale scorrazzavo instancabilmente nel piazzale di casa dei nonni. A quell’età mangiavo pochissimo e l’unico metodo per convincermi a farlo era lasciarmi girare con la piccola moto e richiamarmi per il “rifornimento” di benzina. Ricordo che di nascosto aprivo con un cacciavite il finto tappo del serbatoio che nascondeva un tasto bianco per scegliere la velocità maggiore. Quando la batteria stava per finire rimettevo tutto come avevo trovato, così che nessuno si accorgesse della modifica. Poi la pubblicità su Topolino di una piccola moto da cross con motore a scoppio e il desiderio sfrenato di averla, tanto che mio padre fu costretto a comprarmela. Giravo nel frutteto dei nonni che mi dicevano di non fare sempre gli stessi percorsi perché avrei lasciato le tracce sul prato, e io invece ci ricavai un vero e proprio pistino. Immaginavo di gareggiare con i miei compagni di scuola o di testare qualche particolare immaginaria modifica che migliorava o peggiorava la moto, cose che - non potevo immaginare - a distanza di vent’anni avrebbero fatto parte del mio lavoro.




Un luglio di non so quanti anni fa - quel giorno compivo nove o dieci anni - passeggero nella moto enduro di mio padre, ci siamo avventurati nei boschi. Ricordo la sua preoccupazione quando la ripida mulattiera in discesa, praticamente sbarrata dai rovi, prospettava impossibile l’idea di tornare in dietro. Ecco, quel giorno credo di essermi legato profondamente a quel senso di avventura e di scoperta che mi fa ancora sentire particolarmente vivo nei miei viaggi.

Penso al senso di libertà mentre percorrevo infinite volte il tratto di strada poco trafficato sotto casa dei nonni con un Piaggio Ciao residuato dei quattordici anni di mia madre. Ogni metro in più che percorrevo mi sembrava una grandissima avventura e il senso di libertà si è legato perennemente alle due ruote.

Già da piccolissimo avrei potuto fare gare di Minicross, ma l’idea di girare chiuso in una pista cozzava con la mia idea di MOTO = LIBERTA’. Allora ho aspettato i sedici anni per iniziare a gareggiare nel campionato ENDURO per boschi, sentieri e mulattiere, e grazie a questa esperienza ho potuto vedere luoghi bellissimi in tutta Italia.

Queste sono le radici della mia passione. Da qui le esperienze sono state tantissimee come su un grande albero con radici solide, le fronde si stanno tutt’ora ingrandendo rigogliose: i viaggi, le grandi avventure, il primo posto ad un campionato italiano ed uno sacrificato per dare priorità al sogno di lavorare in una grande azienda del settore, qualche infortunio, ma soprattutto tante soddifazioni.




"Ripresi la moto da fuoristrada ormai ferma da due anni e tornai ad allenarmi. Andavo a correre praticamente tutti i giorni, anche di notte quando non avevo tempo durante il giorno"



Quando e come la passione è diventata professione?

Il periodo fra 2011 e 2012 è stato il momento più particolare e difficile della mia vita: avevo bisogno di stimoli nuovi che non trovavo. Per un po’ ho abbandonato il fuoristrada e ho iniziato a girare in pista, anche se sporadicamente. Avevo perso la giusta strada e non ero felice. Poi un giorno, in una rivista di moto, ho letto di una selezione nazionale per una gara internazionale di un famoso brand motociclistico. Spinto anche da mio padre, ho deciso di inviare la mia candidatura online. Quel giorno il server aveva dei problemi e quando, al quarto tentativo dopo aver inserito tutti i miei dati dall’inizio il sistema si è nuovamente bloccato, mi sono ripromesso che era l’ultima volta: e finalmente la richiesta partì. Le candidature furono quasi mille ed io fui selezionato tra i quaranta finalisti. Ecco lo stimolo che stavo cercando, arrivato come un fulmine a ciel sereno. Ripresi la moto da fuoristrada ormai ferma da due anni e tornai ad allenarmi. Andavo a correre praticamente tutti i giorni, anche di notte quando non avevo tempo durante il giorno. Poi palestra e piscina, arrivai alle selezioni veramente carico. Dopo prove in moto, di resistenza fisica, di conoscenza meccanica pratica e teorica, colloquio con psicologo in lingua inglese e orientamento, ho sentito scandire il mio nome come portabandiera dell’Italia insieme ad altri due piloti per la gara in Cile ed Argentina. E’ stato incredibile come tutte le esperienze accumulate nel passato, anche quelle che non avrei potuto immaginare, mi siano servite durante la selezione. Dopo la bellissima esperienza della gara ho ricevuto una proposta da una persona molto conosciuta e stimata nel settore, per alcune collaborazioni in ambito motociclistico e con il passare del tempo la mia passione si è legata alla mia professione.





Di cosa ti occupi precisamente?

Attualmente sono capoistruttore di un’importante scuola di guida offroad, seguo la parte tecnica e dinamica delle presentazioni stampa di nuovi modelli, sono pilota per foto e video dinamici per campagne pubblicitarie, collaudo e sviluppo nuovi modelli di moto.




"Chissà se non avessi preso le scelte che ho preso e incontrato le persone che ho incontrato, quale sarebbe stata la mia strada…"


Aspetti positivi e negativi: come influisce sul tuo stile di vita e nei rapporti con gli amici, la fidanzata, la famiglia e il resto, essere sempre in viaggio e non avere la piena reperibilità? Mi hai detto che sei molto legato ai tuoi amici: che valore dai all’amicizia?

Ho un gruppo di amici del quale vado molto fiero. Ci conosciamo da lunghissima data e, anche se non riesco ad essere presente come prima, quando torno è come non fossi mai mancato e ci divertiamo tutti insieme. Abbiamo tante passioni in comune e questo ci lega molto. Viaggiamo insieme quando riusciamo ad organizzarci e nei weekend facciamo uscite in moto in gruppo, dove è racchiuso tutto lo spirito della nostra amicizia. Di sicuro la sfera sentimentale è più complessa, perché per la mia professione non riesco ad essere molto presente e questo credo impaurisca un po’. Anche se credo che la qualità sia più importante della quantità del tempo che si riesce a dedicare ad una persona. Ad ogni modo sono felice di aver trovato la mia strada, così da poter trovare una persona che conosca quello che mi piace e quello che è adesso la mia vita. Immagino che quando incontrerò la persona giusta, saprà accettare la mia vita molto movimentata, come io saprò accettare la sua.




Chi ha creduto in te e ti ha supportato (e come) e chi invece ti ha messo dubbi (e come li hai superati), visto che inizialmente i tuoi progetti – e quelli della tua famiglia per te – erano un po’ diversi da quello che poi hai realizzato?

Di sicuro i miei genitori hanno sempre appoggiato le decisioni che ho preso nel corso della mia vita. Mi hanno insegnato a dare il massimo sempre e che solo con la fatica si raggiungono i risultati. Anche quando ho deciso di lasciare l’Università, Ingegneria Meccanica a Bologna, e quindi il sogno di poter lavorare per una prestigiosa azienda italiana di moto per poter continuare a fare gare, non mi hanno ostacolato, anche se erano dispiaciuti. E oggi collaboro proprio con quella prestigiosa azienda: chissà se non avessi preso le scelte che ho preso e incontrato le persone che ho incontrato, quale sarebbe stata la mia strada…




"Sono cambiato molto e continuo a cambiare. Ritrovarsi improvvisamente in mezzo ai leoni mi ha fatto crescere molto e velocemente"


Come sei cambiato negli ultimi cinque anni? Cosa hai imparato dal punto di vista professionale e umano?

Sono cambiato molto e continuo a cambiare. Ritrovarsi improvvisamente in mezzo ai leoni mi ha fatto crescere molto e velocemente, ma ancora c’è moltissimo da imparare.

Ho capito che gli esseri umani sono spinti molto spesso dalla sete di potere e ricchezza e che per molti il fine giustifica sempre i mezzi. Così cerco di non farmi contaminare da questo metodo e continuo a fare quello che faccio guidato dalla passione e non dall’arrivismo.




Per lavoro e passione viaggi spesso in ambienti molto diversi da quello dal quale provieni: che significato ha per te il viaggio e cosa ti lascia quando torni a casa? Cosa cerchi veramente?

Viaggiare mi fa sentire libero. Per questo motivo mi piace la totale autonomia senza troppi programmi e tappe prefissate. Di solito acquisto un volo, noleggio un mezzo di trasporto (spesso una moto!) e il resto del viaggio lo scriverà il destino. Mi piace scoprire realtà molto diverse da quelle a cui sono abituato, popoli remoti, zone selvagge. Cerco di fare viaggi che riescano ad imprimermi idee indelebili nella mente e che mi facciano crescere come persona. Mi appaga il senso di avventura e di scoperta, l’imprevisto mi esalta. Dico sempre che i miei viaggi riescono a regalarmi molto nel momento in cui li sto vivendo, ma soprattutto riescono a lasciarmi qualcosa di profondo nel momento in cui torno nella nostra società frenetica. Ogni viaggio mi insegna qualcosa che sa tornare utile nel giusto momento, come quando mi assale la fretta di portare a termine qualcosa e mi viene alla mente quel ragazzo in Laos a cui chiedevo insistentemente quanto tempo avremmo impiegato per uscire dalla jungla per raggiungere il villaggio successivo, sperando di farcela prima che calasse la notte. Lui, non comprendendo la mia preoccupazione e quella dei miei compagni di viaggio, e non sapendo darmi una risposta certa, mi rispose: “Voi in occidente avete gli orologi, noi il tempo”.




"Ho sempre preferito la comunicazione visiva più di quella a parole"



Ti piace ricavare il gusto del viaggio fino in fondo e nelle immagini che scatti con la tua Fujifilm nei luoghi che percorri, nei volti di chi incontri, nello scambio con la gente del luogo c’è un’intensa quanto istintiva ricerca estetica e stilistica, che non si limita alla documentazione di un viaggio. Come è nato questo desiderio di raccogliere gli istanti delle tue esperienze anche visivamente?

Non è da molto che mi sono avvicinato alla fotografia come passione. Ho iniziato a fotografare con il telefono ovviamente, poi, grazie al consiglio di un fotografo con cui spesso lavoro, ho provato la Fujifilm, che per compattezza, praticità e robustezza è adatta ad accompagnarmi anche nelle mie avventure in moto. E mi è piaciuto. Mi sono accorto che mi piace fotografare le persone, le situazioni in cui si trovano nella quotidianità, mentre lavorano, in contesti così diversi, in paesi lontani anche culturalmente. Scatto a sensazione, cerco di catturare quello che mi emoziona in quel momento e mi piace l’idea che poi chi guarderà la foto possa cogliere quell’istante bloccato, come è stato per me. Fotografare mi rilassa molto. Mi piace farlo anche ad Arezzo quando torno e vedo la città con altri occhi. Prendo la macchina fotografica, la moto, il 4x4, la mountainbike o le scarpette e vago seguendo le mie sensazioni, e spesso scopro cose che non avevo notato prima. Ovviamente quando sono in altri paesi è diverso, perché anche le situazioni di normalità diventano speciali. I cantieri in costruzione, i volti della gente per strada, i mezzi di trasporto, le usanze… In realtà ho sempre preferito la comunicazione visiva più di quella a parole, quindi credo di riuscire ad esprimermi meglio con un’immagine piuttosto che con un discorso.




Cos'è la libertà?

La sensazione di libertà, a mio parere, si raggiunge cercando di seguire ciò che ci dicono la nostra anima e il nostro cuore, senza essere contaminati dagli altri e dalla nostra società. E’ prendere decisioni che possono sembrare irrazionali, ma che sentiamo di voler prendere, seguire strade che possono sembrare molto impegnative, ma che sentiamo di voler affrontare. Credò che la libertà sia 'ragionare con il cuore’.


Come ti vedi fra 10 anni?

Onestamente è una domanda che non mi pongo. Cerco sempre di vivere il qui e ora. Ho sempre vissuto così. Mi resta difficile fare dei piani troppo dettagliati, altrimenti si creano delle aspettative che poi non è sempre possibile poter realizzare. Preferisco darmi obiettivi e avere una visione più ampia, ma meno dettagliata nel tempo. So quello che vorrei in generale, quindi sempre più soddisfazioni personali e sicuramente la serenità. Certamente nei prossimi dieci anni mi piacerebbe riuscire a far convivere lavoro, impegni e famiglia.




Le tue priorità?

Quali sono in genere le priorità di una persona? La mia priorità è avere soddisfazione in quello che faccio, più che i risultati economici. Voglio essere tranquillo in ciò che faccio, in pace con me stesso. Può essere la cosa più umile del mondo come l’opposto, l’importante è stare bene con se stessi.




“La fortuna è il momento in cui l’opportunità incontra la preparazione”


Qual è il segreto per realizzare i sogni?

Ho recentemente letto una frase di Randy Paush che secondo me lo riassume perfettamente: “La fortuna è il momento in cui l’opportunità incontra la preparazione”. Credo che il segreto sia essere pronti al momento giusto. Penso a tutto ciò che ho voluto imparare in passato, spesso con fatica, solo perché seguivo la mia curiosità, tutte esperienze che sembravano puntini sparsi senza un perché. Poi tutti questi puntini si sono uniti in un’unica occasione, le selezioni per la gara in Cile e Argentina, che poi è stata l’inizio della mia vita attuale. Quel giorno nei diversi test si sono incastrate preparazione e opportunità. Per realizzare i sogni è necessario sognare a piccoli passi. Non pensare a qualcosa di troppo grande in partenza perchè non si può sapere che piega prenderà la nostra vita in un futuro troppo distante.




Arezzo.

Quando si vive quotidianamente forse la si sente un po’ stretta, piccola, con poche opportunità. Ci conosciamo un po’ tutti, i luoghi da frequentare sono sempre quelli… ma credo che spesso questo soffocamento derivi più dal fatto che non si è soddisfatti di ciò che si fa piuttosto che di dove si vive. Nel momento in cui ho iniziato a viaggiare molto di più e ad essere contento di quello che faccio e della mia professione, ho cambiato un po’ visione. Muovendomi tanto vedo che molte città sembrano perfette, e offrono molto, ma viverci è tutta un’altra cosa e hanno altri limiti. Anche il fatto che ad Arezzo le persone si conoscano un po’ tutte non è necessariamente un limite, ma una caratteristica che ho saputo apprezzare nel tempo. Torno sempre a casa volentieri e quando sto via per un lungo periodo, appena rientro mi basta l’angolo della strada, la panchina, una vetrina, un albero e mi tornano in mente mille ricordi ai quali, vivendoci quotidianamente, non avrei dato più importanza.







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