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VALENTINA FRATINI | ARETINA DI AREZZO | AUTRICE E REGISTA

"Quando nasci con un’inclinazione non puoi vivere senza fare quella cosa."

La riuscita di certe narrazioni risiede talvolta nella misura in cui una storia è prossima a chi la riferisce, nel bene e nel male. Infatti non è facile raccontare di chi conosciamo piuttosto bene umanamente e di cui si nutre profonda stima, perché si rischia di dare per scontati alcuni aspetti caratteristici della sua personalità o di agganciarsi a dettagli che nella nostra mente si sono costruiti con gli anni di conoscenza e gli scambi di opinioni sui temi più svariati. Sono comunque certa che leggendo la mia conversazione con Valentina Fratini (nata ad Arezzo, vive e lavora a Roma) la sua personalità appaia chiara e limpida quanto lo è lei stessa, nella ricerca accurata dell’espressione di sé. Così, in un sabato pomeriggio qualunque sedute di fronte ad una sublime fetta di torta vegan di carote (da Eda’s Bakery ad Arezzo) - spolverata in pochi minuti in proporzioni fifty-fifty - e un cappuccino, abbiamo iniziato ufficialmente a raccogliere parole e immagini di questa narrazione.

Ciò che posso affermare con certezza è l’entusiasmo che ho percepito nei suoi progetti e nella sua creatività, ragione per cui adesso Valentina è diventata quello che è. La sua determinazione e la certezza fin da bambina di avere qualcosa da condividere con un vasto pubblico, col desiderio di raggiungere il suo obiettivo misurandosi con più mezzi per esprimere questa sua meravigliosa dote di tradurre in parole e scene le immagini che si figurano nella sua mente. Storie talvolta fantastiche, altre ironicamente e follemente reali, sempre e comunque mantenendo una profonda ricerca non fine a se stessa, ma frutto di studio e passione, che contraddistinguono la sua modalità espressiva.

In questi giorni Vale è in giro per l’Italia per la presentazione del suo nuovo libro “Drema e il Segreto dei Sogni” e mi ha confidato di avere ancora milioni, miliardi di progetti pronti da realizzare. Li tira fuori via via dal suo cassetto, quello dei sogni, e più si dà da fare per raggiungerli e più questi brillano di luce intensa.

Perché forse il segreto per far avverare i sogni è proprio quello di aprire quel cassetto e iniziare a crederci.

Laureata in Giurisprudenza con una maturità classica in tempi brevi e con ottimi esiti. Perché la decisione (e la follia) di lasciare una strada pianeggiante per intraprendere un percorso del quale - in fondo - anche la tua famiglia era inizialmente scettica?

Non so se si possa definire una scelta. Quando nasci con un’inclinazione non puoi vivere senza fare quella cosa. Ne ho parlato nel primo spettacolo che ho messo in scena, “Le curve pericolose”. Per me la scrittura è stata un’esigenza fin dall’infanzia. In primina mio padre mi mise la cartella di Barbie sulla spalliera della sedia. Io mi voltai e gli dissi “farò la scrittrice!” lui rispose “intanto impara l’alfabeto!”. Forse si può dire che, più che la scrittura, Giurisprudenza sia stata una scelta. Era una delle strade per poter fare giornalismo e all’epoca, ai miei familiari, parve che quella laurea mi desse qualcosa di maggiormente concreto in mano. Durante i quattro anni di Giurisprudenza smisi di scrivere. Per me la scrittura era un’esperienza totalizzante… se avessi ricominciato, sarebbe stato difficilissimo tornare ai codici! Tuttavia, con l’appoggio dei miei familiari, mentre mi laureavo frequentai il primo corso di sceneggiatura (presso il CentroLab) e vinsi più volte un concorso ideato da Gillo Pontecorvo che mi fece andare alla Mostra del Cinema di Venezia. Lì incontrai un regista che mi disse “Tanto oggi bisogna combattere per fare qualsiasi lavoro… tanto vale che combatti per fare qualcosa che ti piace davvero!” Fu una frase illuminante. Decisi che avrei provato a stare un anno a Roma… e fino ad oggi non sono ancora tornata indietro!

Catapultata a Roma a ventiquattro anni, una strada tutta in salita, nuovo ambiente, nuova gente. Roma, per una giovane appena uscita da una piccola città come Arezzo, è come il mare aperto. “Non avevo altro che quello in cui credevo e ho costruito tutto questo” (Damien Hirst, Manuale per giovani artisti): è stato così? Al tempo avevi idea di come sarebbero andate le cose?

E chi lo sa mai come andranno le cose?! Lo possiamo sentire nel profondo, razionalizzare con la mente, ma la certezza è quasi impossibile averla. Appena trasferita avevo basato la mia vita su un assunto: per me era facile inventare storie. Era l’unico lavoro che non avevo paura a fare. Ero dotata di quello che in sceneggiatura si chiama “il pensiero controfattuale”: questo mi dava la certezza di sapermi adattare praticamente ad ogni esigenza del committente . Avevo buone chances di “portare a casa la pagnotta”, se così si può dire. E così ho fatto. Eppure, ad un tratto, far quadrare i conti non mi è bastato più. Con la crisi, le paghe sono diminuite e la mole di lavoro anche. Nel frattempo, però, qualcosa di ben più profondo aveva messo radici dentro di me: l’esigenza insopprimibile di creare bellezza. Sento che la nostra società ha bisogno di avere emozioni, di tornare “alla pancia”, alla vera essenza della vita. Ed ho fatto di questo la mia missione. “Non avevo altro che quello in cui credevo”, diceva Hirst, ma non era certo povero! Un uomo che ha una missione ha già tantissimo! Se sei disposto a sacrificarti passando notti in bianco, rinunciando al lusso, alle distrazioni e non ascoltando troppo quella vocina che ripete cinica “chi te lo fa fare?” beh… allora sei più ricco di quello che pensi perché sei coerente con te stesso. E tutto ciò non ha prezzo.

Il teatro, la televisione, e proprio in questi giorni è uscito il tuo libro “Drema e il segreto dei sogni”, il primo di una trilogia in cui dietro ad una parvenza fantastica si nascondono tematiche di interesse profondo, dedicate ad un pubblico quanto più vario. C’è un fil rouge che unisce la tua produzione?

Sì, l’amore per l’essere umano. Mi piace l’idea di indagarne l’essenza, anche quando si tratta di scandagliare il lato oscuro. Mi piacciono le figure che si trasformano, capire come escono da quel frullatore che è la vita (ndr: all’elenco manca il cinema, per cui ho scritto diverse sceneggiature ☺ ). Nel mio sito ho scritto provocatoriamente “io non invento storie, sono le storie che reinventano me”. Forse è proprio questo il fil rouge: la continua necessità che l’essere umano ha di reinventarsi, di scoprire, di adattarsi all’unica costante che abbiamo: il cambiamento.

"Quando creo “sento” le parole e al tempo stesso le vedo. Mi affascina il modo in cui suona una frase e contemporaneamente la bellezza di un’immagine e del concetto che ad essa è legato."

Mentre leggevo Drema ho avuto l’impressione che tutto quel mondo fosse davanti ai miei occhi: l’abilità nella scrittura s’impara o è innata? Come si struttura la tua creatività: per parole o per immagini?

Come ti dicevo, in me la scrittura è stata un’esigenza ancestrale. Questo, tuttavia, è ben diverso dal farne un lavoro. La passione è spontanea ma va incanalata. Nel mio caso mi sono formata leggendo, facendo corsi specifici (tra cui in RAI) e, soprattutto, lavorando. Quando creo “sento” le parole e al tempo stesso le vedo. Mi affascina il modo in cui suona una frase e contemporaneamente la bellezza di un’immagine e del concetto che ad essa è legato.

Ho ritrovato nel testo di Drema delle frasi che fanno parte della tua filosofia di vita, come ad esempio: “Tu non sarai mai come tutte le altre… perché tu sei speciale”. Quanto c’è di autobiografico nella storia di Aurora e del suo piccolo amico Velino?

“Uno scrittore parla sempre di sé, se è bravo ti illude che stia parlando di te” (cit). Personalmente ho sempre ritenuto che il mondo che immaginiamo a volte sia perfino più vero di quello oggettivo. Se ci pensi, tutta la nostra vita è basata sul modo in cui vediamo le cose e valutiamo la realtà. Ora, poiché la fisica quantistica dice che esistono infiniti universi paralleli, chi ci garantisce che non ne esista uno in cui tutto ciò che immaginiamo diventa vero? E poi… Aurora, la protagonista, si rifugia nel mondo dell’immaginario… cos’altro fa uno scrittore!?

Hai progetti molto grandi, ma per te desideri principalmente una casa immersa nel verde e una piscina. Sai di avere ambizioni un po’ diverse dal comune: cos’è per te la felicità?

La felicità per me risiede nella libertà. Ma non intesa come assenza di catene, bensì facoltà di scelta dei propri vincoli. Vorrei una casa nel verde perché amo la natura, la connessione con l’immenso che attraverso di essa si genera ed il rapporto con l’acqua ne è una parte. Amo nuotare… poche cose mi rimettono al mondo come la sensazione dell’acqua su tutto il corpo… forse perché mi fa sentire parte del luogo da cui tutti veniamo… una sorta di ancestrale “ritorno alla madre Terra”.

"Un mio carissimo amico, guardandomi, dice sempre 'Ma non potevi nascere zucchina? Sarebbe stato tutto più facile!' "

Essere una donna bella, giovane, con un intelletto forte e complesso porta sicuramente molti vantaggi, ma talvolta anche no…

Un mio carissimo amico, guardandomi, dice sempre “Ma non potevi nascere zucchina? Sarebbe stato tutto più facile!” Io sorrido e penso che le donne consapevoli e forti sono il più grande tesoro che il mondo abbia da offrire. Questo tipo di donna è stimolante, non ti pugnala alle spalle e non succhia energia al compagno solo perché, da sola, non saprebbe stare in piedi. Ed è ovvio, che abbia anche lei le sue fragilità. Una sopra tutte: ha bisogno di un complice altrettanto di valore che le stia accanto. A volte, però, non sa riconoscerlo. Mia nonna era solita dire “il corpo pieno non crede il vuoto!”. Ebbene capita che, quando si è puliti, si tardi nel riconoscere un inganno. Con il tempo, però, la verità emerge e si impara a valutare meglio le persone sia in ambito lavorativo che nella vita privata.

Come avviene la realizzazione della tua creatività? O meglio, quali sono le fasi, i processi che segui per scrivere? Hai un luogo, dei tempi, una parte preparatoria? Porti avanti più progetti insieme o uno alla volta?

Cerco di portare avanti un progetto alla volta ma, purtroppo, spesso non è possibile. Quando nasce una storia, c’è sempre un periodo di gestazione. A volte l’intreccio si genera da un’idea che prende forma dentro di te e che, ad un tratto, non puoi più evitare di scrivere. Altre volte (quando si tratta di una commissione) si inizia a prendere confidenza con la storia buttando giù una scaletta a tavolino e “soppesando” l’idea attorno alla quale la storia dovrebbe ruotare. Anche in questo caso serve un tempo di gestazione… la vicenda deve diventare tua e poi uscire trasformata dal tuo mondo interiore. Quanto ai luoghi, amo scrivere in vari posti: a casa, in biblioteca, nei bar… capita poi che registri una storia camminando, preferibilmente in un parco.

"Mi piaceva il brivido dell’avventura, il viaggio sia interiore che esteriore… in fondo, perché avere una vita sola quando se ne possono vivere mille?"

Dove ha origine la tua creatività? Abbiamo parlato di te come una bambina che amava ascoltare…

Sì. Prima che nascesse la mia sorella minore ero la piccola di famiglia e, più che parlare, ascoltavo i grandi. Osservavo affascinata la vita e automaticamente la ricreavo nel mio mondo fatto di immaginazione. Spesso, poi, mi rintanavo sotto la scrivania e, con le spalle al termosifone acceso, passavo le ore a leggere fiabe. Mi piaceva il brivido dell’avventura, il viaggio sia interiore che esteriore… in fondo, perché avere una vita sola quando se ne possono vivere mille?

Arezzo come punto di partenza ti ha spronata a darti da fare con maggior tenacia o ti ha fatto sentire di partire svantaggiata rispetto a chi già si trovava in ambienti più aperti, per quanto riguarda le connessioni e le opportunità? Quali sono le tue priorità oggi e come ti vedi fra dieci anni?

Arezzo mi ha donato concretezza, pulizia e basi solide. Sono orgogliosa della mia toscanità. Ovvio che se fossi cresciuta a Roma probabilmente avrei avuto maggiori conoscenze e/o facilitazioni, però non cambierei molto della mia infanzia. Anzi sì: se fosse possibile sposterei Arezzo in riva al mare!

"Si è artisti per amore, non esiste un altro valido motivo, ed il destinatario di quest’amore è il mondo."

Ormai ci conosciamo da anni e le nostre conversazioni includono sempre selvaggi percorsi fra gli argomenti più disparati e personali, quindi - riflettendo su un pensiero che mi interessa molto - chiedo il tuo punto di vista: credi che il vissuto dell’arte (e di chi fa arte) possa intendersi come una relazione amorosa, da condividere con una pluralità di persone piuttosto che con il singolo? Intendo dire, nell’espressione artistica risiede la realizzazione di un sentimento che ha un destinatario aperto e indefinito al posto di un unico interlocutore identificato, con tanto di reciproco ritorno?

Assolutamente sì. Si è artisti per amore, non esiste un altro valido motivo, ed il destinatario di quest’amore è il mondo. Spesso ciò che dai all’universo ti ritorna in forma amplificata, ed il pubblico ti ricambia con altrettanto affetto. La gente lo sente, quando c’è qualcosa di autentico. Ed è allora, che l’arte è potente, quando investe l’interlocutore senza sapere chi sia. I veri artisti sono sempre innamorati… forse è per quello che spesso hanno la testa tra le nuvole!

Un pensiero che ti rappresenta e un suggerimento che vuoi dare a chi ha un sogno, ma crede di non avere gli strumenti per realizzarlo?

Crederci ed iniziare subito a fare ciò che si ama senza farsi bloccare dal “come” o dall’ossessione di raggiungere chissà quale obiettivo. E’ il viaggio, la cosa più importante, perché è proprio quello che ti trasformerà dentro. E proprio quando non ci pensi, paradossalmente, raggiungerai l’obiettivo.

Chi è Valentina Fratini

Valentina Fratini nasce ad Arezzo e manifesta, fin dalla prima infanzia, un amore profondo per la narrativa. A tre anni inizia ad imparare a memoria i libri che suo nonno le legge. A cinque, durante il primo giorno di scuola, dichiara a suo padre che ha intenzione di fare la scrittrice. Alle scuole elementari e medie legge decine e decine di libri che spaziano dalle fiabe ai grandi classici della letteratura italiana e internazionale. Su consiglio degli insegnanti, si iscrive al Liceo Classico. Qui scrive la sua prima raccolta di poesie intitolata "Piume di vento" e si avvicina al teatro inizialmente in qualità di attrice. Capisce tuttavia fin da subito che preferisce stare dietro alle quinte. A diciotto anni vince il concorso letterario "CinemAvvenire" ideato da Gillo Pontecorvo e partecipa alla Mostra del Cinema di Venezia dove è membro della giuria giovanile. In seguito a questa esperienza, decide di intraprendere la strada della sceneggiatura. Si iscrive quindi al CentroLab, importante corso per aspiranti scrittori dove, all'epoca, insegnano Mario Monicelli, Domenico Starnone ed Andrea Purgatori. Nel frattempo (mentre vince per altre quattro volte il concorso CinemAvvenire) si laurea in Giurisprudenza all'Università di Siena. A ventitre anni, seguendo ciò che le dice il cuore, si trasferisce a Roma ed inizia, in mezzo a mille difficoltà, a vivere d'arte. Assieme ad alcuni amici attori fonda la compagnia teatrale Etra. Con questa, tra il 2004 e il 2015, mette in scena circa una decina di spettacoli da lei scritti ed ideati. Nel frattempo, inizia a lavorare per il cinema e la tv come sceneggiatrice senza tuttavia mai smettere di formarsi. Vince un master in sceneggiatura e regia finanziato dall’Istituto Luce e dalla Regione Lazio e viene selezionata dalla RAI per partecipare al corso di formazione professionale per sceneggiatori “RaiScript”. Tra il 2004 ed il 2015 collabora alla scrittura di vari film e serie tv con registi quali Rossella Izzo, Fabio Bonifacci, Michele Picchi, Gian Paolo Cugno, Matteo Rovere, Sydney Sibilia, Giancarlo Scarchilli, Enzo De Caro, Marco Limberti, Francesco Dominedò, Mario Spinocchio, Claudio Proietti, Domenico Raimondi e con case di produzione e distribuzioni come Dania Film, Globe Films, Eagle Pictures, Medusa, Mediaset, Raisat, FilmVision, Sunshine Pictures, A&B Production, D.I.R. International, Alexandra Cinematografica e molte altre. Nel 2005 gira un cortometraggio intitolato “Il gioco del silenzio” per la Polifemo srl. Nel 2010 partecipa all’EXPO di Shanghai curando la regia della mostra multimediale “Italian Heritage and Arts” per RomArtificio srl. Nel 2014 si confronta con il racconto biografico scrivendo uno spettacolo teatrale sulla vita di Temple Grandin che, tra le altre date, va in scena anche durante il convegno internazionale sulla sindrome di Asperger e riceve l’aperto apprezzamento di Tony Atwood, tra i massimi esperti al mondo in materia di autismo. Nel 2015 termina la stesura del suo primo romanzo fantasy intitolato “Drema, il vulcano segreto dei sogni”. Con questo racconto realizza uno dei suoi più grandi desideri: scrivere un libro per bambini ed adulti che parli dell’immenso potere insito nella nostra immaginazione.





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